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GIU' LE MANI

”Giù le mani da mio figlio!”, gridò la donna in zoppicante avvicinamento.

“Scusi signora, non volevo…”, ritrassi subito la mano dal piedino che avevo incautamente accarezzato.
 
“Non volevo un corno! Ma le sembra” - urlò sovrastando il sommesso brulichio della grande sala - che maleducata!”.
Indietreggiai di un passo: “ Guardi che proprio non intend…”.
 
“Non bevevo un corno! Ma pensa lei cosa c’entra…” si rabbuiò raggiungendomi e prendendo frettolosamente in braccio il piccolo. Lo osservò attentamente per accertarsi che fosse tutto a posto, poi mi guardò con aria di sfida: “E allora? L’ha capita?”.
“Sì, certo, le ripeto le mie scuse, io…”.
 
“Ma va’! Se è normale prendere i figli degli altri, scostumata! Ne ho conosciuta io di gente come lei, non è né la prima né l’ultima, e poi - si accomodò il bimbo sulla spalla - non sopporto quelle che fanno da padrone in casa mia”.
 
Poi azzannò con lo sguardo il mio braccio e mi fulminò: “Quella coperta! È mia!”.
Sentii lo straccetto di lanetta a scacchi azzurri e verdi che tenevo in mano farsi pesante, glielo porsi: “È sua? Non sapevo, era qui sul tavolo”.
 
“È sua?”- mi fece il verso - e di chi dovrebbe essere? Di chi è il tavolo, eh? Ci sono più furbi che matti qui”, concluse strappandomi la copertina dal braccio e allontanandosi con il fagottino silente.
 
Raggiunse una carrozzella e vi adagiò il pupo delicatamente, lo coprì e prese a ninnarlo. Io continuavo ad osservarla da lontano; la donna, che un tempo mi aveva accudita, sorrideva con lo sguardo fisso al fantoccio che ora riconosceva come suo unico figlio.
 
Si voltò verso di me e mi invitò energicamente con la mano ad allontanarmi.
 
Andai verso l’uscita mentre l’infermiera stava entrando nella grande nursery con la camomilla; mi girai a contemplare la scena: le anziane vigilavano sui loro bambolotti, nella sala aleggiavano parole smarrite, nenie infantili e sogni perduti che cozzavano contro le parole stressate, i ritornelli rabbiosi e i sogni decapitati che mi avrebbero assalita nel varcare la porta di casa.
 
Incrociai davanti all’infermeria il solito vecchio arrabbiato: “Ancora qui? Che ci vieni a fare? Tua madre neanche sa chi sei!”.
 
Lo fissai e tacqui mentre un pensiero si componeva nitido come un sorriso: È vero, ma domani tornerò qui, perché io so bene chi lei sia.